giovedì 12 novembre 2009

La filosofia di Nietzsche sulla Verità

Da "Verità e menzogna in senso extra-morale", 1844-1900, Nietzsche

"In un qualche angolo remoto dell'universo che fiammeggia e si estende in infiniti sistemi solari, c'era una volta un corpo celeste sul quale alcuni animali intelligenti scoprirono la conoscenza.
Fu il minuto più tracotante e menzognero della «storia universale»: e tuttavia non si trattò che di un mi­nuto. [...]
Quella traco­tanza legata alla conoscenza e alla sensibilità, nebbia accecante che sta da­vanti agli occhi e ai sensi degli uomini, inganna dunque sul valore dell'e­sistenza, portando in se stessa la valutazione più piena di lusinghe circa la conoscenza. Il suo effetto più generale è l'inganno [...]. Che cos'è dunque la verità? Un esercito mobile di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane, che sono state sublimate, tradotte, abbellite poeticamente e retoricamente, e che per lunga consuetudine sembrano a un popolo salde, canoniche e vincolanti: le verità sono illusioni, delle quali si è dimenticato che appunto non sono che il­lusioni, metafore, che si sono consumate e hanno perduto di forza, monete che hanno perduto la loro immagine e che quindi vengono prese in consi­derazione soltanto come metallo, non più come monete. "

Nietzsche infatti vede alla nascita della conoscenza, o meglio del linguaggio della conoscenza come il più grande atto di arroganza che l’uomo ha posto nell’universo: ossia quello di avere fissato una visione antropocentrica del Mondo. L’uomo infatti per esistere ha bisogno di essere fissato, è un bisogno psicologico di razionalizzare la sua conoscenza attraverso schemi. Schemi che sono convenzionali solo all’Uomo e che non rappresentano alcuna forma di Verità universale; è come se sempre rappresentasse, se recitasse una parte dinanzi agli altri e a se stesso, poiché è lui che stabilisce ciò cha da allora in poi dovrà essere verità. Ma in sostanza quest’ ultima risulterà essere un insieme di illusioni, un esercito mobile di metafore che col passare del tempo prendiamo per le cose stesse. Le parole quindi stesse sono delle metafore e il linguaggio è imitazione metaforica di questa realtà. Linguaggio che poi otterrà l’apice della finzione nell’arte.