giovedì 12 novembre 2009

La figura del soldato: realtà e propaganda

“Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante" (Marx e Engels)


Le idee dominanti delle culture che si sono succedute sulla faccia della terra erano sempre le idee che la classe dominante esprimeva o lasciava che venissero intese. Il potere ha da sempre avuto i mezzi della comunicazione principali e perciò diffondeva o lasciava diffondere le conoscenze e le filosofie più confacenti alla propria linea politica. Nel ‘900 in particolare possiamo rilevare la portata di questo fenomeno con lo svilupparsi della tecnica della propaganda, che fu da sempre in mano ai più potenti e fu mezzo per esprimere una verità ideale (quindi finzione) spesso contrastante con la realtà di fatto, mezzo utilizzato dai totalitarismi come la storia insegna, MA NON SOLO.
La propaganda fu il fatto nuovo nella Prima guerra mondiale. Erano i governi ad assumersene in prima persona il compito, coinvolgendo nello sforzo intellettuali e giornalisti, utilizzando le tecnologie più avanzate, adottando metodi della pubblicità che facevano leva sulle pulsioni più profonde della psicologia collettiva. La diffusione dell'immagine di un soldato-eroe (il terrore per un nemico “disumano”; il bisogno dell’individuo di identificarsi in un’entità superiore come la nazione; l’anelito a vita eroica e non mediocre) contro la realtà del soldato-uomo (tra il sacrificio di un’intera generazione mandata al massacro, il fetore delle trincee, la brutalità delle battaglie, con le orrende scene di mutilazione e sventramento; la supponenza e l’incompetenza degli ufficiali; gli ammutinamenti; le diserzioni; le decimazioni; le proteste; le fraternizzazioni fra eserciti nemici). Ecco una testimonianza di Lussu in "Un anno sull 'Altopiano"
"Questa certezza che la sua volontà dipendesse dalla mia vita mi rese esitante. Avevo di fronte un uomo! "(E. Lussu)
Esempio chiarificatore è anche Scalarini il disegnatore satirico che rappresentò lo scarto tra la rappresentazione propagandistica del soldato al fronte e la realtà vissuta dai soldati, caratterizzata da sofferenze e disagi. Ecco un esempio:

La filosofia dell'apparire: Warhol

Warhol, esponente della pop-art, sebbene svincolato da ogni intento morale diceva sempre mezze verità o verità apparenti. La sua filosofia, per usare un termine improprio, è la filosofia dell’apparire. Il suo interesse era quello di occuparsi di immagini note a tutti, quelle offerte dai mass-media e in particolar modo le icone dello spettacolo e le marche pubblicitarie più gettonate del momento, riproducendole moltissime volte e con colori anti-naturalistici. Per lui bisognava accettare il prodotto artistico così realizzato come unica realtà possibile e rappresentabile, perché l’unica che unica realtà possibile e rappresentabile che tutti potevano direttamente riconoscere (ecco il carattere del popolare della corrente artistica al quale apparteneva). Inoltre bisognava coglierlo nella sua massima ripetizione perché il nuovo criterio di valutazione è la quantità e non più la qualità .-es. Marylin- Le cose reali sono solo quelle che si toccano e più diffuse sono, più sono reali. Che si tratti di finzioni, di involucri vuoti questo non interessa all’artista. In qualche modo egli ha annunciato la morte del Vero e trova solo nelle rappresentazioni tecnologiche l’unica verità, però di finzione.



Warhol si definiva molto vicino alla pittura metafisica di De Chirico per il fatto che anche quest’ultimo, nonostante avesse un background filosofico di tutt’altra portata, esprimeva il mondo come un teatro di simulacri e di finzioni: unici mezzi per esprimere l’esistenza. (vedi post precedente)

Teatro della vita e vita da teatro!

De Chirico e Pirandello: intreccio tra arte, vita e il concetto di finzione


in “Sei personaggi in cerca d’autore” (Pirandello) ogni “personaggio ” vive la sua finzione letteraria come realtà o meglio come desiderio di vedere la propria storia rappresentata. L’esito però alla fine sarà doppiamente negativo: la storia si mostrerà “eccessiva in letteratura” e “finzione in teatro”, dove gli attori rappresentano “il loro mondo di cose”.

Proprio i quadri di De Chirico, soprattutto "Piazza d’Italia" sono la rappresentazione grafica del principio che governa “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello. L’opera letteraria in questione propone infatti uno scarto estremamente doloroso tra Finzione e Verità che si viene a creare in un palcoscenico. La situazione vede infatti una compagnia teatrale fatta di persone vere e sei personaggi inventati che si rivolgono agli attori per mettere in scena il loro dramma in quella forma che l’autore alla fine si rifiutò di scrivere perché troppo drammatica. Anche loro, come lo stesso Nietzsche affermava, hanno bisogno di essere fissati per esistere, di essere rappresentati. Ma proprio nella volontà di fissare le loro verità, i personaggi si ritrovano delusi perché gli attori rappresentano il loro mondo di cose ovvero interpretano. Ciascuno infatti vede la realtà a seconda del mondo che ha dentro e per questo non potrà mai intendere la visione degli altri. Però a lettura fatta dell’opera c’è un ribaltamento totale: le persone reali sono costruzioni fittizie e i personaggi letterari sembrano essere più veri dei personaggi viventi, in quanto questi cambiano continuamente, mentre gli altri sono sempre quelli stabiliti dalla forma, con i loro caratteri, con le loro attitudini. Da ciò si deduce che solo la rappresentazione dell’uomo è possibile e la persona individuale sembra quasi inconsistente. Come in Piazza d’Italia l’unico soggetto può essere solo una statua, una rappresentazione artificiosa dell’uomo, che compare con i suoi tratti viventi solo in dimensioni ridotte, non riconoscibili sullo sfondo…quasi come ombre.


La piazza quindi diventa simbolo del palcoscenico della vita e il palco stesso di Pirandello, con l’abolizione della quarta parete, diventa il simbolo della piazza dell’esistenza che noi frequentiamo ogni giorno: la rappresentazione di noi stessi.

Del resto però i personaggi percepiscono la loro finzione come realtà..


Propongo solo le ultime battute dell'opera:

Primo attore: Finzione!finzione!non ci creda!
Attori: Finzione?realtà!realtà!è morto!
Altri attori: No!finzione!finzione!
Padre: Ma che finzione!realtà, realtà signori!
Capocomico: finzione, realtà..andate al diavolo tutti quanti..Luce!

La filosofia di Nietzsche sulla Verità

Da "Verità e menzogna in senso extra-morale", 1844-1900, Nietzsche

"In un qualche angolo remoto dell'universo che fiammeggia e si estende in infiniti sistemi solari, c'era una volta un corpo celeste sul quale alcuni animali intelligenti scoprirono la conoscenza.
Fu il minuto più tracotante e menzognero della «storia universale»: e tuttavia non si trattò che di un mi­nuto. [...]
Quella traco­tanza legata alla conoscenza e alla sensibilità, nebbia accecante che sta da­vanti agli occhi e ai sensi degli uomini, inganna dunque sul valore dell'e­sistenza, portando in se stessa la valutazione più piena di lusinghe circa la conoscenza. Il suo effetto più generale è l'inganno [...]. Che cos'è dunque la verità? Un esercito mobile di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane, che sono state sublimate, tradotte, abbellite poeticamente e retoricamente, e che per lunga consuetudine sembrano a un popolo salde, canoniche e vincolanti: le verità sono illusioni, delle quali si è dimenticato che appunto non sono che il­lusioni, metafore, che si sono consumate e hanno perduto di forza, monete che hanno perduto la loro immagine e che quindi vengono prese in consi­derazione soltanto come metallo, non più come monete. "

Nietzsche infatti vede alla nascita della conoscenza, o meglio del linguaggio della conoscenza come il più grande atto di arroganza che l’uomo ha posto nell’universo: ossia quello di avere fissato una visione antropocentrica del Mondo. L’uomo infatti per esistere ha bisogno di essere fissato, è un bisogno psicologico di razionalizzare la sua conoscenza attraverso schemi. Schemi che sono convenzionali solo all’Uomo e che non rappresentano alcuna forma di Verità universale; è come se sempre rappresentasse, se recitasse una parte dinanzi agli altri e a se stesso, poiché è lui che stabilisce ciò cha da allora in poi dovrà essere verità. Ma in sostanza quest’ ultima risulterà essere un insieme di illusioni, un esercito mobile di metafore che col passare del tempo prendiamo per le cose stesse. Le parole quindi stesse sono delle metafore e il linguaggio è imitazione metaforica di questa realtà. Linguaggio che poi otterrà l’apice della finzione nell’arte.

mercoledì 11 novembre 2009

La realtà oltre il cielo di carta



Se il cielo con le stelle fosse in realtà un sipario di carta pesta pronto per la commedia?
Se il mondo che conosciamo un giorno si rilevelasse tutto come una finzione?


Un film per riflettere:
THE TRUMAN SHOW (Peter Weir)



Un pezzo di romanzo per ri-riflettere:

da "Il fu Mattia Pascal", Pirandello, XII- L'occhio e Papiano


"Terenzio e la coda di paglia di Meis - La tragedia d'Oreste in un teatrino di marionette! - venne ad annunziarmi il signor Anselmo Paleari. - Marionette automatiche, di nuova invenzione. Stasera, alle ore otto e mezzo, in via dei Prefetti, numero cinquantaquattro. Sarebbe da andarci, signor Meis.- La tragedia d'Oreste?- Già! D'après Sophocle, dice il manifestino. Sarà l'Elettra. Ora senta un po’ che bizzarria mi viene in mente! Se, nel momento culminante, proprio quando la marionetta che rappresenta Oreste è per vendicare la morte del padre sopra Egisto e la madre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che avverrebbe? Dica lei.- Non saprei, - risposi, stringendomi ne le spalle.- Ma è facilissimo, signor Meis! Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo.- E perché?- Mi lasci dire. Oreste sentirebbe ancora gl'impulsi della vendetta, vorrebbe seguirli con smaniosa passione, ma gli occhi, sul punto, gli andrebbero lì a quello strappo, donde ora ogni sorta di mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia. Oreste, insomma, diventerebbe Amleto. Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta. E se ne andò, ciabattando. Dalle vette nuvolose delle sue astrazioni il signor Anselmo lasciava spesso precipitar così, come valanghe, i suoi pensieri. La ragione, il nesso, l'opportunità di essi rimanevano lassù, tra le nuvole, dimodoché difficilmente a chi lo ascoltava riusciva di capirci qualche cosa.L'immagine della marionetta d'Oreste sconcertata dal buco nel cielo mi rimase tuttavia un pezzo nella mente. A un certo punto: “Beate le marionette,” sospirai, “su le cui teste di legno il finto cielo si conserva senza strappi! Non perplessità angosciose, né ritegni, né intoppi, né ombre, né pietà: nulla! E possono attendere bravamente e prender gusto alla loro commedia e amare e tener se stesse in considerazione e in pregio, senza soffrir mai vertigini o capogiri, poiché per la loro statura e per le loro azioni quel cielo è un tetto proporzionato.“E il prototipo di queste marionette, caro signor Anselmo,” seguitai a pensare, “voi l'avete in casa, ed è il vostro indegno genero, Papiano. Chi più di lui pago del cielo di cartapesta, basso basso, che gli sta sopra, comoda e tranquilla dimora di quel Dio proverbiale, di maniche larghe, pronto a chiuder gli occhi e ad alzare in remissione la mano; di quel Dio che ripete sonnacchioso a ogni marachella: - Ajutati, ch'io t'ajuto -? "

Tra palco e realtà! (vedi video)

Abbiamo facce che non conosciamo ce le mettete voi in faccia pian piano.
E abbiamo fame di quella fame che il vostro urlo ci regalerà.
E abbiamo l'aria di chi vive a caso l'aria di quelli che paghi a peso.
E abbiamo scuse che, anche se buone, non c'è nessuno che le ascolterà.
E poi abbiamo già chi ci porta fino alla prossima città.
Ci mettete davanti a un altro microfono che qualche cosa succederà.

Siam quelli là siam quelli là siam quelli là. Quelli tra palco e realtà.

Abbiamo amici che neanche sappiamo che finché va bene ci leccano il culo.
E poi abbiamo casse di maalox per pettinarci lo stomaco.
Abbiamo soldi da giustificare e complimenti per la trasmissione.
E abbiamo un ego da far vedere ad uno bravo davvero un bel pò.
E poi abbiamo chi ci da il voto e ci vuol spiegare come si fa. "è come prima? No si è montato" ognuno sceglie la tua verità.

Siam quelli là siam quelli là siam quelli là. Quelli tra palco e realtà.

E c'è chi non sbaglia mai ti guarda e sa chi sei.
E c'è chi non controlla mai dietro la foto.
E c'è chi non ha avuto mai nemmeno un dubbio mai.
Abbiamo andate e ritorni violenti o troppo accesi o troppo spenti.
E non abbiamo chi ci fa sconti che quando è ora si saluterà.
E ce l'abbiamo qualche speranza forse qualcuno ci ricorderà.
E non soltanto per le canzoni per le parole o per la musica.

Siam quelli là siam quelli là siam quelli là. Quelli tra palco e realtà.



Masse urlanti al potere! Facce che mettiamo di default ai potenti! Realtà mediata dal potere dominante.....