giovedì 12 novembre 2009

La filosofia dell'apparire: Warhol

Warhol, esponente della pop-art, sebbene svincolato da ogni intento morale diceva sempre mezze verità o verità apparenti. La sua filosofia, per usare un termine improprio, è la filosofia dell’apparire. Il suo interesse era quello di occuparsi di immagini note a tutti, quelle offerte dai mass-media e in particolar modo le icone dello spettacolo e le marche pubblicitarie più gettonate del momento, riproducendole moltissime volte e con colori anti-naturalistici. Per lui bisognava accettare il prodotto artistico così realizzato come unica realtà possibile e rappresentabile, perché l’unica che unica realtà possibile e rappresentabile che tutti potevano direttamente riconoscere (ecco il carattere del popolare della corrente artistica al quale apparteneva). Inoltre bisognava coglierlo nella sua massima ripetizione perché il nuovo criterio di valutazione è la quantità e non più la qualità .-es. Marylin- Le cose reali sono solo quelle che si toccano e più diffuse sono, più sono reali. Che si tratti di finzioni, di involucri vuoti questo non interessa all’artista. In qualche modo egli ha annunciato la morte del Vero e trova solo nelle rappresentazioni tecnologiche l’unica verità, però di finzione.



Warhol si definiva molto vicino alla pittura metafisica di De Chirico per il fatto che anche quest’ultimo, nonostante avesse un background filosofico di tutt’altra portata, esprimeva il mondo come un teatro di simulacri e di finzioni: unici mezzi per esprimere l’esistenza. (vedi post precedente)